Il seguente articolo è il primo dei due dedicati al webinar che si è tenuto Giovedì 7 ottobre 2021 su “The economy of rooftop farming”, a cura di ROOFMatters e Ambiente Italia ed in collaborazione con il Comune di Milano, dove si è discusso di come rendere economicamente sostenibile il rooftop farming, ovvero la coltivazione di piante ad uso alimentare sui tetti.
La prima parte del webinar ha visto l’intervento di tre rooftop farmers da Rotterdam (Olanda), Anversa (Belgio) e Torino. La seconda parte è stata invece dedicata al progetto per il rooftop farm di Via Russoli, nella periferia sud di Milano, dove entro la primavera del 2022 si realizzerà un tetto verde (produttivo) di circa 3.500mq.
A seguire un resoconto di quanto discusso.

Dakakker Rotterdam, un’esperienza decennale

Il Dakakker a Rotterdam è aperto dal 2012 sul tetto di un edificio che stava per essere demolito. La crisi economica del 2008 ha fermato lo sviluppo del quartiere e ZUS, uno studio di architettura di Rotterdam, ha deciso di occupare l’edificio di sei piani, prima abusivamente, poi con il permesso del proprietario. Grazie ad un bando del Comune di Rotterdam, ZUS insieme ad altri partner, ha potuto realizzare alcune opere pubbliche, tra cui un tetto verde di circa 1.000mq.,ai tempi il rooftop farm più grande d’Europa.

Produzione

Wouter Bauman apicoltore, rooftop farmer e responsabile del progetto Dakakker, racconta: “Produciamo varie colture. Quelle più importanti sono i fiori edibili. Noi gli chiamiamo anche ‘il caviale delle colture’, per il fatto che si riesce ad avere un buon reddito con la loro vendita. Oltre alla bellezza di un tetto fiorito, sono anche utili per il nettare delle api (una parte del tetto è dedicata agli alveari), hanno un periodo di raccolta abbastanza lungo e non pesano troppo. Un dettaglio non da poco in quanto la portata del tetto in alcuni punti è molto limitata.
Grazie ai contatti che abbiamo con i ristoranti nel centro di Rotterdam, riusciamo a consegnare i fiori edibili entro un’ora dalla raccolta in modo che possano essere usati già per la preparazione del pranzo. La vendita dei fiori non crea solo un’economia, ma anche una relazione con gli chef. Il venerdì, quando con i volontari lavoro sul tetto, vengono a vedere la produzione per farsi ispirare dai colori e poi portano il raccolto direttamente in cucina. Così i cosiddetti ‘food miles’ vengono ridotti a ‘foot steps’.”

Il tetto non è solo un tetto produttivo nel senso assoluto della parola. Vengono coltivate anche delle verdure, utili per gli eventi didattici che vengono organizzati in collaborazione con le scuole di quartiere. Per rendere la visita sui tetti ancora più interessante, ii bambini vengono invitati a trovare piccoli frutti e verdure che possono essere mangiati crude. In questo modosi promuove un’educazione alimentare, dal primo seme fino a quello che arriva sul piatto. Questi eventi didattici sono un’altra fonte di reddito per il Dakakker.

La sostenibilità economica del Dakakker

Oltre che dai fiori e dagli eventi didattici, altre entrate economiche di cui può usufruire Dakakker vengono dalla vendita del miele raccolto sul tetto e venduto in barattoli da 50 grammi in vari negozi a Rotterdam e dalla vendita del ‘Rotterdam Watershit’ (un liquido che esce dal compost estremamente nutriente per le piante in giardino o sul balcone). La vendita dei fiori, del miele e del “Watershit” porta il 25% delle entrate totali. Da un’anno circa hanno anche delle galline di cui vendono le uova.

“Altre fonti di reddito sono l’organizzazione di visite guidate (nel 2019 ne hanno fatto 160), l’affitto dello spazio per girare ad esempio delle pubblicità televisive (solo nel 2021 ne hanno girato tre), l’organizzazione di workshops, presentazioni e consulenze” dice Wouter Bauman.

Inoltre, prevedono soluzioni diversificate per ridurre o coprire i costi:Wouter, oltre a essere un rooftop farmer e responsabile del progetto Dakkaker, lavora per il Rotterdams Milieucenter e ogni settimana può dedicare 16 ore al tetto verde, in inverno questo è troppo, in estate è troppo poco, ma si bilancia tra le varie stagioni; In più hanno 10 – 15 volontari che ogni venerdì mattina dedicano qualche ora per lavorare nell’orto. In alta stagione ciò non basta, quindi sta pensando di ingaggiare 2 o 3 studenti di una scuola agraria per aiutarlo durante questo periodo.

Grazie allo strumento TEEB, che sta per The Economics of Ecosystems and Biodiversity, (l’economia di ecosistemi e biodiversità) riescono anche a calcolare il valore dell’impatto sociale. Aspetto non scontato ma spesso dimenticato.

RE.TE. onlus, coltivare per rafforzare la socializzazione

RE.TE. ONG è un onlus Torinese che segue vari progetti, sia in Italia che all’estero. Uno di questi è Agrobarriera.

Giuseppe Deplano, di RE.TE ONG ha spiegato: “Il progetto si svolge intorno a Via Bologna, in un quartiere con dei disagi. Con gli orti urbani, a terra e sul tetto, cerchiamo di aumentare il benessere psicologico, rendergli consapevole di una vita sostenibile ed evitare la povertà alimentare. Il cibo è uno strumento per risolvere alcuni dei problemi di cui soffrono gli abitanti del quartiere.”

L’esperienza di Deplano e del suo team evidenzia quanto importanti siano gli orti urbani in qualità di spazi multifunzionali che rispondono ad alcune esigenze del quartiere, come la creazione di comunità sociali e resilienti.

Uno degli orti del progetto di Agrobarriera si trova sul tetto di un supermercato LIDL in Via Bologna. L’edificio che ospita il supermercato è stato costruito tra il 2018 e 2019: l’azienda aveva deciso di lasciare un altro negozio e realizzarne uno nuovo, su tre piani per includere il parcheggio, il supermercato e il tetto senza occupare troppo suolo. La realizzazione del progetto è costata 8 millioni di euro, di cui 1 milione di euro per il tetto, che non contiene solo l’orto (di circa 500mq) ma anche pannelli fotovoltaici e pannelli solari per l’acqua calda.

L’orto è costituito da 7 lotti di 30mq di verde condiviso e 14 lotti di 20mq ad uso privato. Per usufruire dell’orto ognuno paga un piccolo affitto (tra i 10 ed i 15€ al mese) per coprire alcune spese e per fargli sentire responsabili del loro pezzo di terra.

Produzione

Visto che sul tetto si è creato un sorta di microclima più caldo grazie al riflesso del sole dagli edifici circostanti, si riesce a coltivare prodotti che di solito non si possono coltivare del nord d’Italia, come ad esempio l’anguria dal quale vangono raccolti i semi così da poter ripiantare l’anno seguente.

L’inverno è invece più difficile coltivare, anche per via del forte vento che tira sul tetto. Sarebbero interessati ad installare una serra, ma il vento lo impedisce, è sicuramente una delle criticità da affrontare per il futuro.

La sostenibilità economica del tetto di Via Bologna

La RE.TE. ONG ha trovato il tetto già pronto per l’utilizzo, serviva quindi solo portare semi e persone con la volontà di coltivare. Non è stato necessario qiundi un investimento iniziale per impostare il progetto.

In alta stagione ognuno dei 14 orti, riesce a produrre il 75% del cibo necessario per sfamare una famiglia composta da 4 persone. La raccolta annua è di circa 1500 kg per tutta la parte produttiva del tetto.

Oltre a questo beneficio misurabile (pagare 10 – 15€ al mese per risparmiare sulla spesa alimentare) c’è anche un forte impatto sociale, che però è più difficile da quantificare e monetizzare.

I costi vivi includono i costi di gestione del progetto, in carico a RE.TE. ONG. Il responsabile è un esperto di giardinaggio in contesti urbani, pratico in team building e nella gestione dei conflitti. Nello staff anche una persona che si occupa di fundraising e comunicazione.

PAKT, creare, connettere e coltivare

Nel 2006 due fratelli comprarono dei vecchi magazzini ad Anversa con l’idea di trasformarli in lofts. Non riuscendo però ad ottenere i permessi necessari decisero di trasformarli, temporaneamente, in hub creativi.

Dieci anni dopo, nel 2016, Bram Stessel e Adje Van Oekelen sono stati incaricati dai proprietari di attivare per un anno il tetto come giardino produttivo. Adje è figlia di contadini e lavora come imprenditrice e creatrice di comunità nel settore del biologico, Bram è esperto di agro- biotecnologia.
Nel 2017, insieme a 100 abitanti del quartiere, hanno creato una cooperativa. Diventano indipendenti ma allo stesso tempo continuano a svolgere la missione originale e la collaborazione con i proprietari, che gli permettano di usare il tetto e coltivare senza pagare un affitto.

Il progetto PAKT – che richiama la parola olandese ‘pakhuizen’, ossia magazzini e la parola inglese ‘pact’, patto o connettere – consiste in tre tetti interconnessi da ponti pedonali per un totale di 1800m2 di tetto.

L’obiettivo di PAKT è migliorare la relazione tra i cittadini e la produzione di quello che mangiano: il loro obiettivo è aumentare la quantità di verde nella città e la consapevolezza sulla sostenibilità.

La sostenibilità economica di PAKT

PAKT ha appena compiuto 5 anni di vita. In questi anni hanno testato, adattato e migliorato vari modelli di business. Una costante è stata dare la possibilità agli abitanti del quartiere di diventare soci, pagando una quota di 50€ al mese ad adulto, che permette l’accesso incondizionato al tetto. Volendo possono invitare un altro adulto sul tetto (un partner, parente o un amico). I bambini entrano gratis. Ad oggi (ottobre 2021) hanno 50 soci paganti e una lista d’attesa di circa 50 persone.

All’inizio, ognuno aveva il proprio orto, ora è tutto condiviso. La difficoltà però è che spesso l’80% del lavoro viene fatto dal 20% delle persone, hanno quindi introdotto i ‘soci’ volontari, che pagono una cifra ridotta, e che insieme lavorano per manutenere il tetto.
Il contributo dei soci copre circa il 25% delle entrate.

Fino a qualche anno fa si poteva andare sui tetti per partecipare a visite guidate, aperte a tutti. Era una fonte di guadagno importante ma non in linea con lo scopo del progetto. Il team di PAKT ha quindi deciso di diminuire la quantità di visite e di aprirle solo alle persone veramente interessate al tema.

Il tetto era anche una location molto richiesta per eventi, matrimoni, shooting fotografici. Ma come con le visite, anche questo utilizzo è stato molto ridotto dedicando una parte del tetto a questo tipo di attività data in gestione ad un’altra organizzazione.

Da poco hanno iniziato una collaborazione con cinque contadini locali, che producono in modo biologico e che vendono i loro prodotti nel mercato e nella piattaforma online di PAKT. Sono vendite sia B2B che B2C mirate agli chef di Anversa. Con le vendite di questi prodotti riescono ad ottenere un altro 25% in termini di entrate.

Altra attività portata avanti di recente è stata la trasformazione della la serra in uno spazio per incontri, con tutto quello che serve per organizzare presentazioni. Un numero limitato di aziende potrà diventare socio. in cambio avranno accesso al tetto durante la settimana, in giornata. Questo dovrebbe aiutare a rendere il progetto ancora più economicamente sostenibile.

Un aspetto che per ora rimane un tema difficile è l’impatto sociale del progetto. Visto il contributo che PAKT chiede ai soci (50€ al mese), raggiungono soprattutto la classe media, che ha già una interesse nello spendere di più per l’origine dei loro alimenti, nell’impatto di quello che mangiano sul benessere, ed in temi affini. Per il futuro ci sarebbe da capire come raggiungere anche i cittadini che hanno una maggiore esigenza di migliorare il loro benessere alimentare.

La produzione

Per PAKT, la produzione di cibo non è l’obiettivo principale. Più importante è l’educazione, quindi imparare a coltivare l’orto ma anche creare rapporti sociali con gli altri ortisti. Per questo motivo si organizzano regolarmente incontri con contadini professionisti – i ‘Dakclubs’ – per approfondire tematiche legate all’orto.
“Per le ragioni sopra evidenziate non abbiamo dati sulla quantità di prodotti raccolti e non sappiamo quanto la produzione sui tetti aiuti le famiglie a ridurre le proprie spese alimentari”.

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